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Velino, la tela della natura.

5 Ago 2017

Velino, la tela della natura.

Articolo scritto da Federico Cifani.

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La tela della natura dal Velino


Sale in verticale dal piano del Fucino. Gli antichi abruzzesi lo chiamavano il Signore del lago. Si tratta del massiccio del Velino, 2.486 metri di altezza. Meta perfetta per gli escursionisti. Ci abbiamo provato in tre, in una giornata dal tempo instabile.

Partiti dal versante di Rocca di Mezzo. Con noi, qualche maledizione indirizzata al tempo e alla strada sterrata che ci ha costretto a lasciare la macchina all’inizio dei piani di Pezza. “Scendiamo e facciamoci a piedi sti dieci chilometri in più”, ha sbottato l’amico Mario. Manco a finire la frase che già l’erba fresca di rugiada, ci bagnava la suola delle scarpe.

Attorno mandrie di mucche e cavalli. Qualche collo si alzava per osservarci.

Velino Panorama

Quasi un’ora in più per arrivare all’imbocco del sentiero. Luca, l’altro amico di avventura, ha dato il via alla prima salita tra faggi secolari e un tappeto di foglie. In pochi minuti, anche per cercare di recuperare l’ora persa, siamo saliti a Valle Cerchiata.

Di botto, nuvoloni neri hanno riempito l’area e ridotto a pochi metri la visibilità. “Che si fa ?” La domanda ce la siamo posta. La risposta è stata l’azzardo. Forzando sulle gambe, siamo saliti al colle dell’Orso. Da lì la vista si è fatta grandiosa. Il Velino si è mostrato in tutta la sua bellezza. Una piramide di pietra che sovrasta il vallone di Teve, giganteschi calderoni glaciali e il monte Cafornia.

Il tutto inondato dal sole che finalmente ci ha riempito gli occhi e asciugato il sudore. Certa, nonostante tutto, la sensazione di potercela fare.

Velino Federico Mario Luca

Carichi a mille siamo scesi ai prati di colle del Bicchero. Nel mentre, falchetti fermi a mezz’aria, piante di Genziana e ombre di nuvole che correvano sui prati, si sono aggiunti alla nostra escursione.

Un idillio finito proprio sotto la vetta del Velino. Vento, freddo, nebbia e pioggia hanno ripreso a scuoterci. Non avevamo alternativa. Tornare indietro? Proprio no ! Serrati i denti, stretto cappelli e giubbini e passo dopo passo, siamo saliti. Lo sforzo, anche per resistere alle pericolose folate del vento, che avrebbero potuto farci cadere direttamente nella piana sottostante, è stato ripagato all’arrivo in vetta.

[bctt tweet=”Tutt’intorno, come onde in tempesta, fermate sulla tela da un maestoso pittore, le aspre montagne d’Abruzzo” username=”TuristiXHobby”]. Cime protese verso l’Adriatico, forgiate da forze mostruose, si perdono sotto il nostro sguardo. Impressionante anche lo strapiombo che ti trovi davanti. Un salto che da quota 2.486, scende direttamente a 660metri nel piano del Fucino, dove un tempo c’era il lago.

L’abisso ti costringe ad aggrapparti alle rocce e alla croce in ferro posta sulla vetta. Riflessi azzurri, trasportati dal vento, salgono dal lago della Duchessa. In questo fragore di emozioni, ci siamo accovacciati su rocce che sono lì da sempre mentre generazioni di uomini, si susseguono, chissà per quale motivo, ti chiedi ora, giù in valle. Per qualche secondo, abbiamo assaporato un attimo eterno.

Il Signore del lago, ci ha accolti dopo quasi 5 ore di cammino, con un vento freddo che bruciava mani e faccia. Forse per dirci di tornare, magari con il sole e godere di qualche minuto in più, della sua eterna e immutabile presenza. Di sicuro lo faremo.

Articolo scritto da Federico Cifani.

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